CONTE E DI MAIO RIFERISCANO IN PARLAMENTO SUL PORTO DI MISURATA, LIBIA, DATO ALLA TURCHIA, DA AL-SARRAJ, PER 99 ANNI.

Che l’emergenza CoronaVirus abbia rotto le scatole, perché, da 9 mesi a questa parte, ha praticamente monopolizzato l’informazione come se nessun altra emergenza esistesse, è cosa ormai risaputa, ma questo bombardamento mediatico monotematico oltre che essere odioso e scocciante, potrebbe risultare anche molto pericoloso e foriero di non pochi guai.

Capita così che, nel silenzio più assordante dei mass madia e della incapace classe politica italiana, la più grande disgrazia geopolitica degli ultimi 100 anni occorsa al nostro Paese si sia consumata ben 3 giorni fa, quando un impudente Erdogan ha ottenuto da al – Sarraj, Signore della Tripolitania ed almeno ufficialmente, fino a qualche giorno fa, ancora nostro alleato, la concessione di una base navale nel porto di Misurata, città del Golfo della Sirte, per ben 99 anni!

Con quest’atto l’influenza italiana sulla Libia – durata ininterrottamente dal 1911, anno i cui abbiamo strappato la nostra quarta sponda alla Turchia – è praticamente e ufficialmente, conclusa con tutte le nefaste conseguenze del caso.

Infatti è bene ricordare, per chi avesse scarsa memoria, che nonostante l’Italia avesse perso la II Guerra mondiale durante tutto il XX secolo la Repubblica Italiana è riuscita a mantenere dei legami molto forti e vantaggiosi con la Libia: numerosissime concessioni petrolifere date all’ENI facendo si che il nostro primo fornitore di petrolio fosse la Libia; numerosissimi partenariati commerciali a noi favorevoli; legami militari sempre più stringenti fino alla firma  di una vera e propria alleanza sancita con il Trattato di Bengasi nel 2008.

A seguito della caduta di Gheddafi voluta ed ottenuta dalla Francia di Nicola Sarkozy la Libia è caduta in una terribile Guerra Civile che l’Italia, a più riprese, ha tentato di ricomporre inutilmente, proprio per i sabotaggi della Francia e della Turchia, ma anche e soprattutto per  la nostra miopia strategica e per dei sensi di colpa coloniale che francamente non avrebbero nessun senso di esistere.

Voglio ricordare a tal riguardo un episodio accaduto nel 2014, quando l’europeista ed atlantista, Ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ebbe l’ardire di paventare l’ipotesi che l’Italia, sotto l’egida della comunità internazionale, avrebbe dovuto inviare in Libia un contingente stimabile tra le 10mila e le 50mila unità, a seconda delle esigenze, per occupare tutta la costa per una profondità di circa 50 km.

Per fare questo, però, occorreva non solo un Esecutivo pienamente Sovranista ma anche uno Stato che fosse realmente libero ed indipendente e siccome l’Italia, dell’epoca, non era entrambe le cose – un po’ per le proteste del Generale Haftar, un altro po’ perché avremmo rotto le uova nel paniere ai nostri cugini d’oltralpe per i quali i politici del PD provano una smodata ammirazione, ed infine un altro pò perché, in certi ambenti, una simile iniziativa avrebbe di sicuro fatto gridare al fascismo – i vari Governi di centro-sinistra succedutisi decisero di abbandonare l’intento. 

Oggi la “Terra dei Fileni” è divisa in due: in Cirenaica il Generale Haftar, in Tripolitania al-Sarraj.

Quest’ultimo, sostenuto dal nostro Governo, ha chiesto a più riprese a Roma uomini e mezzi. L’Italia dal canto suo si è limitata a regalare una ventina di imbarcazioni alla Guardia Costiera Libica, qualche istruttore ed un ospedale da campo che è stato montato a Misurata.

Non un invio di reparti speciali, né di contractor, né una fornitura sostanziosa, a prezzo di ferro vecchio, dei tanti tank obsoleti in nostro possesso – anni 70 e 80, che oggi vengono smontati presso il cimitero dei carri armati a Lenta, in Piemonte. Mezzi per noi certamente inadeguati ma decisamente adatti per contrastare i tanti Pick-Up riadattati dell’esercito Tobruch.

Come se non bastasse ci si è guardati bene anche dal solo tentare di chiedere la concessione di qualche base militare in Libia come se questo fosse indice di fascismo, peccato, però, che negli anni 90 del secolo scorso, durante l’emergenza umanitaria in Albania, l’Italia chiese ed ottenne giustamente una base militare sull’isola di Saseno, all’imbocco del Porto d Valona. Certo, mi si dirà, ma quelli erano altri tempi, tempi in cui l’Italia contava ancora e un Paese come l’Albania era un nostro Stato Cliente. Non come oggi dove non siamo in grado di riportare a casa neanche 18 pescatori di Mazara del Vallo tenuti in ostaggio a Bengasi da più di 2 mesi.

Ma la cosa più ridicola della vicenda della base turca a Misurata è che sia la Turchia che l’Italia sono membri della NATO, quindi alleate. Ora, in conseguenza di ciò, è impensabile che Erdogan possa piazzare una base a meno di 220 miglia dalle coste italiane, in una regione notoriamente di pertinenza di Roma, senza l’assenso degli americani in primis e di tutti gli altri alleati poi.

Inoltre se si considera anche il fatto che l’Italia, all’interno dell’Alleanza Atlantica, è il 5 contribuente – paga infatti circa 20 miliardi di Euro l’anno, cioè, 5,5 milioni di Euro al giorno, il doppio di quanto versa Ankara, è del tutto inaccettabile che la Turchia voglia e possa, mettercelo in quel posto, così, come se nulla fosse.

Pertanto, su questa vicenda, Conte ed il Ministro Di Maio devono recarsi in Parlamento per riferire alle Camere, poiché:

  • Se sapevano, ed hanno avallato all’insaputa degli altri organi dello Stato, è gravissimo;
  • Se non sapevano è ancora più grave perché non sono stati in grado di vigilare e tutelare gli interessi nazionali.

In entrambi i casi occorre che il Governo Italiano:

  • Presenti una lettera di protesta formale all’Ambasciatore Turco;
  • Chieda di convocare urgentemente il Consiglio Atlantico con la seguente richiesta:
    • O la Turchia rinuncia immediatamente alla base di Misurata o deve uscire dalla NATO;
    • Se la richiesta italiana non dovesse trovare accoglimento da parte degli altri alleati l’Italia si troverà costretta ad uscire dall’Alleanza Atlantica e pertanto tutte le basi alleate presenti sul territorio italiano dovranno essere sgomberate dagli stessi e riconsegnate, entro 3 mesi a partire dal presente diniego, nel pieno possesso dello Stato Italiano.

Un simile aut aut è dovuto dal fatto che la Turchia controllando la costa della Tripolitania, anche grazie ai mezzi donati dall’Italia alla Guardia Costiera Libica, userà i migranti per ricattare l’Italia, cosa che già sta facendo da anni con la Grecia attraverso la tratta Balcanica.

Il nostro Paese non può permettersi una fine così ingloriosa, anche perché il silenzio della Francia, in questa vicenda, ci fa comprendere che in realtà vi sia più di un accordo tra Parigi e Ankara per la cacciata definitiva dell’ENI dalla Libia in favore delle compagnie francesi.

Occorre tra l’altro, a questo punto, raccogliere il grido d’aiuto del Governo Eritreo, che ultimamente è stato oberato dai ribelli del Tigrè. Può essere questa un’occasione per rimettere i piedi nel Corno d’Africa, e quindi proiettarci nel Sinus Arabicus – Via della Seta Marittima, contrastando così anche in quel quadrante l’espansionismo turco.

L’Italia, in questo momento storico, non può credere e pensare, di continuare a fare la politica estera solo ed esclusivamente attraverso la Comunità di Sant’Egidio per mandato del Vaticano … il tempo delle belle intenzioni è purtroppo finito, oggi, ahimè, si è tornati alla politica delle cannoniere e delle tensioni muscolari.

Sono cicli, e che ci piaccia o no, o ci si adegua, o spariremo insieme ad un Europa che non è mai esistita e mai esisterà.  

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