ECCO COSA SIGNIFICA VERAMENTE IL NATALE (SPIEGATO SPLENDIDAMENTE DA PAPA RATZINGER, E PER CHI NON LO AVESSE ANCORA CAPITO)

Circola in Rete, ripresa dal sito cattolico Aletheia e anche dal blog di Nicola Porro, una riflessione scritta attorno al 1960 da un giovane teologo tedesco (Josef Ratzinger) che sarebbe diventato papa col nome di Benedetto XVI. E’ particolarmente intensa e storicamente avvincente quanto inoppugnabile (come d’ altronde tutto quello che ancora a tratti proviene da questa grande mente cristiana).

Essa sviluppa la tematica del compimento e perfezionamento della preesistente spiritualità “pagana” o meglio tradizionale (per gli Antichi), nell’ Evento cristiano. Il Natale ne è un esempio lampante. E’ però inquietante per il cristiano la similitudine tra il “crepuscolo degli dei” cui accenna padre Ratzinger e l’attuale profonda crisi del cristianesimo (vedi il mio SEDICI SECOLI FA DIVENNERO DESERTI I TEMPLI PAGANI, ORA LE CHIESE. E AL CENTRO DI TUTTO QUESTO E’ SEMPRE ROMA. in data 11 dicembre 2020).

Il mondo antico quando nacque Gesù “era dominato da un sentimento diffuso molto simile al nostro. Si trattava di un mondo in cui il “crepuscolo degli dei” non era un modo di dire, ma un fatto reale. Tutt’a un tratto, gli antichi dei erano divenuti irreali: non esistevano più e gli uomini non potevano più credere in quello che, per generazioni, aveva dato senso e stabilità alla loro vita. Ma l’uomo non può vivere senza un senso, ne ha bisogno come del pane quotidiano. E così, tramontati gli antichi astri, egli dovette cercare nuove luci. Ma dov’erano?”

Un culto capitolino non “classico” «gli offriva come alternativa il culto della “luce invitta”, del sole, che giorno dopo giorno fa il suo corso sulla terra, sicuro di vincere e forte quasi come un dio visibile di questo mondo…..Le liturgie della religione del sole molto abilmente si erano appropriate di una paura e insieme di una speranza originarie dell’uomo. […] Questo dato di fatto in realtà più astronomico che religioso “dava in fondo la certezza della sempre nuova vittoria del sole, del suo certo, perpetuo ritorno. È la festa in cui si compendia la speranza, anzi, la certezza dell’indistruttibilità delle luci di questo mondo.”

…….”Alcuni imperatori romani, con il culto del sole invitto, cercarono di dare ai loro sudditi una nuova fede, una nuova speranza, un nuovo senso in mezzo all’inarrestabile crollo delle antiche divinità, che coincise col tempo in cui la fede cristiana tentò di guadagnare il cuore dell’uomo greco-romano. Ed essa trovò proprio nel culto del sole uno dei suoi antagonisti più insidiosi. …un segno fin troppo visibile agli occhi degli uomini, molto più visibile e attraente del segno della croce nel quale giungevano gli annunciatori della fede in Cristo. Eppure, la loro fede e la loro luce invisibile ebbero il sopravvento sul quel messaggio visibile col quale l’antico paganesimo cercò di affermarsi. ….” I cristiani celebrarono “il giorno natalizio della luce invitta, e lo celebrarono come il giorno della nascita di Cristo, in cui essi avevano trovato la vera luce del mondo. Dicevano ai pagani: “Il sole è buono e noi ci rallegriamo quanto voi per la sua continua vittoria. Ma il sole non possiede alcuna forza da sé stesso. Può esistere e avere forza solo perché Dio lo ha creato. Esso quindi ci parla della vera luce, di Dio. Ed è il vero Dio che si deve celebrare, la sorgente originaria di ogni luce, non la sua opera, che non avrebbe alcuna forza senza di lui”.

[Da Betlemme] “ci è dato il segno che ci fa rispondere lieti: “sì”. Perché quel bambino – il Figlio unigenito di Dio – è posto come segno e garanzia che, nella storia del mondo, l’ultima parola spetta a Dio, proprio a quel bambino lì, che è la verità e l’amore”.

E aggiungo io, umilmente: ”spetta a Dio, non a un comitato tecnico-scientifico”. Come non spettò né all’Erode della strage degli innocenti né a suo figlio e nemmeno a Pilato.

A. Martino

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