IL CINEMA ITALIANO E’ ORMAI MORENTE, LA CHIUSURA DELLE SALE E’ SOLO IL COLPO DI GRAZIA. NON HA PIU’ SENSO IN UN MONDO DI EMOZIONI OMOLOGATE E CORRETTE, E IMMAGINARIO FORMATTATO. PARTE PRIMA

Rileggendo il mio ultimo articolo sulla censura a Lino Banfi, ho capito che il cinema italiano è agonizzante da tanti anni, e che la chiusura delle sale cinematografiche, d’ altronde globale anche se diversamente modulata, sarà solo il suo colpo di grazia. Il “genere” è praticamente morto, e quindi il cinema italiano forse non passerà la boa del primo quarto di secolo.

Ma da quanti anni era sempre più difficile vedere sui grandi schermi italici storie che facciano emozionare, che mettano in tensione, sanamente eccitare, che inducano all’ addirittura cosiddetto “culto” di un attore, di un regista, di un genere? Certo, per quanto mi riguarda, ci sono tuttora un Pupi Avati, un Carlo Verdone, voglio sforzarmi di includere anche un Paolo Sorrentino: chiedo perdono a qualcuno per ingrate omissioni. Ma è ormai tutto rarefatto, indebolito dalla sussistenza in vita grazie al contributo statale congiunto ai minimali incassi. Davvero troppo poco per reggere l’urto della condanna a morte delle sale di proiezione ai sensi di DPCM. Avanti con le piattaforme streaming e i loro format mondialisti ed omologati con tot posti riservati a ciascuna delle “minoranze etniche e sessuali” brevettate a bollino Bilderberg. Dicevo del “genere”: quello sì è sicuramente scomparso o quasi . Il western all’ italiana? Pietra tombale posta nell’ ormai lontano 1998 con Il mio West diretto da Giovanni Veronesi con un bizzarro quanto prestigioso cast (Leonardo Pieraccioni, Harvey Keitel, David Bowie ed Alessia Marcuzzi).

La guerra? E come ormai parlarne se non in termini di condanna per la “follia nazionalista”, e l’ inevitabile pistolotto sull’ Olocausto. Ultimi, pregevoli lavori El Alamein-la linea del fuoco diretto da Sergio Monteleone (2002) e il più storico quanto coraggioso, che bellico Red Land-rosso d’ Istria del 2018 diretto, sceneggiato e prodotto da Maximiliano Hernando Bruno.

E gli stessi dati crepuscolari si potrebbero snocciolare per il noir (attenzione a qualche perla interpretata da Toni Servillo o Riccardo Scamarcio).  E onore a Carlo Buccirosso e Toni Servillo interpreti del fantastico 5 è il numero perfetto (2019) del fumettista e scrittore Igort.

Poi, certo, vi saranno altri dieci o venti film degni di attenzione andando a pescare per esempio, anche nel genere storico (11 settembre 1683 di Renzo Martinelli del 2013). Un film dal cast stellare da Murray Abraham a Enrico Lo Verso con un enorme sforzo di costumi d’ epoca e scenografia, ma sapete quanto incassò? Solo 75.900 euro: abbastanza pochi per non riprovarci con qualcosa del genere, appunto…..Molto meglio è andata al visionario Il primo re (2019) con 2,2 milioni che hanno premiato il primo e unico film della storia del cinema recitato in latino arcaico ante urbem conditam
(prima della Fondazione) con sottotitoli . E infatti, con una certa logica, la storia è migrata sulla tv a pagamento con Sky in forma seriale.

Potrei parlarvi anche di altri generi completamente scomparsi come l’erotico o il suo sottogenere porno soft: penso che sodalizi quali Laura Antonelli e Salvatore Samperi, o Serena Grandi e Tinto Brass, rispettivamente dinanzi alla macchina da presa e dietro, dicano qualcosa. Ma è ormai tutto sommerso da una melassa di politicamente e banalmente corretto: commedie, commediole e commediacce. E qualche mattoncino, sempre politicamente corretto, nemmeno a dirlo, sull’ omosessualità o la mafia. Tutto qui.

Il “poliziottesco” con Franco Nero o Gastone Moschin o Enrico Maria Salerno? I delinquenti sono troppo delinquenti, e i poliziotti non sono “operatori della sicurezza”, ma sbirri castigamatti che ci godono a togliere dalla circolazione un pochino di feccia con mira infallibile o cazzotti di acciaio. Quindi, fine del genere sul grande schermo e un’alluvione di fictions con carabiniere e commissarie, poliziotti che sembrano assistenti sociali o tutta caserma e sagrestia (don Matteo), e la finalmente terminata saga del commissario Montalbano (il Veltroni della polizia). E’ proprio di questi giorni il passaggio di testimone questurino sugli schermi RAI da marito a moglie (Luisa Ranieri). Grazie al rispettivamente fratello e cognato ai vertici del PD?

E a proposito dell’analogo ciclo americano dell’ispettore Callaghan, nessun produttore o regista avrebbe sognato come protagonista un attore fino ad allora assolutamente marginale come Clint Eastwood, lanciato a livello planetario dai mitici spaghetti western di Sergio Leone (con le melodie di sottofondo di Ennio Morricone).

E cosa dire ancora del western all’ italiana? Si sparava anche lì troppo, troppa violenza (e gente con sangue ma pure alcol nelle vene). Ovviamente, dalla commedia “scollacciata” di Banfi e Fenech fino all’ eros d’ autore cui abbiamo accennato, il problema creatosi negli anni Novanta fu molto semplice: uomini vogliosi fino al priapismo e donne
altrettanto vogliose fino alla ninfomania. Come conciliarlo con la “fluidità dei generi” e il “rispetto per la donna”?

Anche qui, qualcosa di analogo a quanto avvenuto col poliziottesco: il sano Eros come Dio tramite Natura comanda, è bandito dall’ agonizzante grande schermo ma compensato dalle scene saffiche e gay e di sesso compulsivo, autoerotico e nevrotico con spogliarelli in venti secondi, delle serie Mediaset e RAI (quelle nel mondo col maggiore tasso di turpiloquio e sesso persino adolescenziale).

Ma  l’ horror e l’ immaginario ad esso legato nelle varie sfumature e sottogeneri restano davvero banditi dall’ Italia ormai alla frutta e alla camomilla, tamponata e mascherinata. Uniche sacche di resistenza: il sommo Dario Argento, guru internazionale del genere non ancora ufficialmente in pensione,  e il grande Pupi Avati col suo Il signor Diavolo (2019), giacché costui è in grado di muoversi quando gli pare, tanto tra l’ horror satanista o nel Medio Evo che nella commedia intimista e valoriale della famiglia italiana che fu…..continua

A. Martino

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