LE CAMBIALI VANNO SEMPRE ONORATE, ANCHE SE TI CHIAMI DONALD TRUMP

In queste ore gli occhi del mondo sono tutti puntati verso gli Stati Uniti dove si sono aperte le urne per le elezioni di “Midterm” e si, in effetti, lì la posta in gioco non è poco cosa.

Se infatti l’attuale Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, dovesse uscire sconfitto dalle elezioni è molto probabile che la tanto paventata messa in stato d’accusa potrebbe concretizzarsi, al contrario, se vincesse, potrebbe riuscire quantomeno a finire il proprio mandato. Ed’è seguendo gli argini di questo spartiacque che la Casa Bianca si è giocata, negli ultimi tempi, il tutto e per tutto.

Le sanzioni all’Iran non sono, ad esempio, che una delle tante strategie per attrarre consenso.

Ora, nel fronte progressista, tutti si strappano le vesti per l’uscita unilaterale degli Stati Uniti dal PACG, meglio noto al grande pubblico come l’accordo sul nucleare iraniano, ma sono stati proprio loro, con la loro insensata campagna denigratoria che ha puntato tutto sull’affaire russiagate, a spingere il Taikun tra le braccia della destra israelita che, negli USA, è bene ricordarlo, ha un peso non trascurabile.

Così prima delle sanzioni, volute sempre fortemente da Netanyahu, ci fu lo spostamento dell’Ambasciata Americana da Tel Aviv a Gerusalemme, perché volenti o nolenti le cambiali vanno sempre onorate, anche se ti chiami Donald Trump, se poi ti chiami Giuseppe Conte e sei pure il Presidente del Consiglio italiano, le devi “scontare” maggiormente.

In queste ore infatti, a molti, è parso miracoloso il fatto che l’Italia e la Grecia siano – insieme alla Cina, India, Corea del Sud, Turchia, Giappone e Taiwan – gli unici Paesi europei esentati da Washington dalle sanzioni nei confronti di Teheran, restrizioni che, per chi non lo sapesse, riguarderanno gli ambiti petroliferi e finanziari in un luogo dove, attualmente, il Bel Paese risulta essere il primo partner commerciale.

Nell’immediato ciò comporterà un’ulteriore crescita dell’Italia in quella data parte del mondo a discapito dei propri competitor UE, incremento che, tra l’altro, il Governo Giallo/Verde potrebbe portare all’incasso proprio alle ormai prossime elezioni europee, ma che potrebbe anche risultare una vittoria di Pirro.

Infatti, scaduti i 6 mesi d’esenzione, l’Italia sarebbe ugualmente costretta a rientrare nei ranghi. Ma questo non è che la cosa più irrilevante. Il vero problema, semmai, si potrebbe avere con l’altro nostro principale interlocutore, la Russia di Putin.

Le esenzioni, di Cina, Turchia ed India, sono infatti dirette ad aumentare la presenza di queste ultime in Iran a discapito, in un certo qual modo, della Russia che su quell’area esercita, giustamente, una indubbia influenza.

Ascendente Russo che a sua volta dovrebbe diminuire, sempre secondo gli strateghi della Casa Bianca, anche in Siria per l’asfissia che Washington dovrebbe esercitare su Teheran, la quale, ob torto collo, dovrebbe, a questo punto, desistere dal sostenere il Presidente Assad.

Tutta questa strategia – palesemente concertata per l’accerchiamento, di fatto, di Mosca – non si conclude qui ma prosegue anche attraverso l’approdo in Italia della tanto vituperata TAP, gasdotto sorto per affrancare l’Europa dalla fornitura monopolistica della Russia. È in questo contesto, infatti, da collocare l’offerta del Presidente Putin di far entrare il nostro Paese nel progetto Turkish Stream. In tal guisa la Russia rimetterebbe in un certo modo le cose a pari.

Ma, ripetiamo, se nell’immediato, l’Italia potrebbe trarne dei benefici, alla lunga, questa strategia potrebbe risultare molto dannosa.

In primis l’immediata cambiale da “scontare” per noi consisterebbe nell’acquisto obbligato degli F-35, poi in un progressivo raffreddamento ed allontanamento del partenariato italo/russo con tutte le negative ricadute economiche possibili ed immaginabili, a seguire vi sarebbe un probabile naufragio della pacificazione libica che non può certamente avvenire senza prima il beneplacito della Russia ed infine una simile situazione di contrasto non potrebbe che portare, alla lunga, ad una destabilizzazione dell’intera area persiana. Se ciò malauguratamente avvenisse significherebbe dire definitivamente addio al nostro principale interlocutore dell’area, cioè il legittimo Governo degli Ayatollah.

Purtroppo la vita reale non è come la commedia dell’arte nella quale Arlecchino è servitore di due padroni, non ce lo possiamo permettere, anche perché lì si finiva con una scarica di legnate, qui i danni potrebbero essere ben peggiori.

L’Italia prima o poi deve fare una scelta chiara di campo: o si è alleati in tutto e per tutto con gli americani o lo si è con i russi. Io personalmente, come già più volte ho spiegato, preferisco la seconda, ma la scelta, a scanso di danni ben peggiori, va necessariamente fatta prima che i nodi arrivino al pettine.

Lorenzo Valloreja

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