IL CASO ZAKI DIMOSTRA CHE ORA LA CITTADINANZA ITALIANA E’ ANCHE CONCESSA D’ UFFICIO PER MERITI IDEOLOGICI.

Sarò estremamente franco, purtroppo è necessario. La vicenda di Patrick George Zaki dimostra, o meglio conferma, che le presunte o sedicente “Destre” parlamentari hanno gravi complessi di inferiorità, e non rappresentano una reale alternativa mentale e culturale prima ancora che politica. Sono ansiose di accreditarsi e apparire sufficientemente omologate agli occhi dei mandatari mondialisti che ci governano, ma che continueranno a disprezzarle, più o meno apertamente non appena qualche no ogni tanto dovranno pur pronunciarlo.

Il Senato della Repubblica ha votato ad inquietante unanimità (salvo la platonica astensione di Fratelli d’ Italia), una mozione circa la concessione d’ ufficio della cittadinanza italiana a Patrick George Zaki: un atto parlamentare inedito, e nella storia istituzionale unico (e spero irripetibile).

A favore si è mobilitata, recandosi a votare, persino la ormai, laicamente, beatificata ancora in vita Liliana Segre: la causa, quindi, ha tutto il necessario imprimatur del sistema ai massimi livelli morali, politici, e mediatici. Chi si oppone sarebbe un senza cuore, un reietto, uno che non capisce nulla del mondo, della vita, dei rapporti internazionali. Vogliamo dirla in una sola parola e aggettivo sostantivato? Un fascista.

Le cose ovviamente, dato che le mobilitazioni unanimiste del main stream hanno non spesso, ma sempre torto, non stanno così. E dimostrano innanzitutto, ripeto, la debolezza ideologica e culturale delle presunte “destre” nelle istituzioni.

E poi, che la Sinistra ha ogni spazio, e strumento possibile, per tutelare chi ritiene, se questi sia organico e parte attiva dei propri apparati. E che nel caso dei rapporti internazionali, le valutazioni geopolitiche e di interesse nazionale, cedono, anzi devono cedere il passo, all’ ideologia. Che non è morta (la loro) ma mentre le altre sono state abbandonate da rappresentanti timorosi e allineati al Nuovo Ordine mondiale, questa ha avuto la metamorfosi (o metastasi) in Pensiero Unico politicamente corretto con tutto il suo corollario di “diritti” più o meno LGBT e di mondialismo.

L’Egitto di Al Sisi è (come la Russia di Putin o la martoriata Siria) particolarmente nel mirino dei mondialisti almeno a partire dal caso Regeni perché il generale anni fa, pose fine alla deriva islamista e con il pugno di ferro ha finora governato, certo facendo sembrare l’Egitto più una dittatura che una democrazia di stampo occidentale. Oltretutto, la minoranza cristiano-copta è particolarmente tutelata e rispettata. Le consultazioni elettorali sono di dubbia affidabilità, e se un egiziano ma anche uno straniero vuole vivere in santa pace, deve farsi “i fatti propri”.

Ma nel benamato Occidente, siete sicuri che ogni elezione sia esente da brogli? Che si possa davvero dire e scrivere tutto quello che si pensa? Che si possa uscire di casa quando si vuole? Possibile che il terzomondismo 2.0 unito ai dettami e interessi sorosiani, conferisca alle ONG tanto potere direttivo della politica estera? Siamo sicuri che la destabilizzazione di un Paese fondamentalmente amico e partner alle porte di casa, sia nel nostro interesse? A meno che, certo, lo scatenamento di un’altra ondata migratoria da e attraverso l’Egitto, non sia come quello in Libia, inconfessatamente auspicato.

Abbiamo un interscambio culturale con l’Egitto dall’epoca nientemeno che di Cleopatra, e quello economico e commerciale si alimenta, tanto per dire qualcosa a caso, di commesse militari e di importanti concessioni ENI. Tutto da buttare in pattumiera, per l’orgoglio e la stizza del potente ambiente LGBT-bellaciao dalle parti delle Due Torri?

Secondo una TV egiziana privata ma controllata dal governo (ovvio), “l’omosessualità era l’oggetto del suo studio. Dall’Italia Zaki voleva screditare e attaccare il governo egiziano”. E sta di fatto che il suo arresto è avvenuto proprio dopo un master in studi sul “genere” all’ università di Bologna, di ritorno nella fantastica terra delle Piramidi.

Se proprio così fosse, è grave: il povero Zaki sarebbe stato mandato come agnello in mezzo ai lupi, in un Paese islamico pur non integralista, che di questa roba neanche vuole sentir parlare un po’ come da noi fino a cinquanta-sessanta anni fa. Non c’è la proverbiale trippa per gatti, all’ ombra della Sfinge o delle moschee, anzi i gatti corrono proprio brutti rischi.

E si sappia fin da ora che la tutela giuridica differenziata per le disavventure di italiani all’ estero in dipendenza dalla affiliazione o meno a strutture bellaciao o mondialiste (vedi anche il mio “LO STATO NON LASCIA SOLO NESSUNO”: NE SIAMO PROPRIO SICURI? del 10 maggio 2020), da ora si estende persino ai non aventi la cittadinanza italiana cui viene generosamente elargita d’ ufficio.

A. Martino

 

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