URSULA VON DER LEYEN TENTA DI VENDICARE LA BREXIT SMEMBRANDO IL REGNO UNITO

Pur avendo mancato l’obiettivo della maggioranza assoluta al parlamento scozzese di Edimburgo, il governo locale riprende con foga la richiesta di un ennesimo referendum sull’ indipendenza da Londra, che potrebbe sancire il distacco della Scozia dal Regno unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, con relativa abrogazione degli Acts of Union. Con questi due atti, rispettivamente del parlamento scozzese e di quello inglese, tra il 1706 e il 1707, fu decisa l’unione della corona scozzese e di quella inglese fondando un nuovo regno: quello di Gran Bretagna. Analoga operazione sarà svolta più tardi nei riguardi dell’Irlanda.

Da allora, l’Inghilterra ha realizzato quello che ha realizzato anche grazie a tale unione. Basti pensare a quali risorse militari coraggiose, ben addestrate e temibili pur col loro bizzarro gonnellino, ha sempre schierato la monarchia britannica dalle settecentesche guerre di secessione a quelle napoleoniche fino ai conflitti mondiali e all’ intervento NATO in Afghanistan. Ma sono stati innumerevoli anche gli scozzesi protagonisti nelle scienze, nella cultura, nella politica e nella letteratura: ignorare il contributo scozzese alla “british civilization”, che questa piaccia o no, sarebbe come estrapolare il contributo dei meridionali dall’ esperienza dell’Italia come stato unitario; e credo di aver così detto tutto.

Già per due volte gli scozzesi (l’ultima delle quali nel 2014) si sono pronunciati a proposito, con esito favorevole alla permanenza nel Regno. Ora la premier scozzese Nicola Sturgeon torna alla carica, d’ altronde lo ha sempre fatto dall’ esito del referendum sulla Brexit con il pretesto che così la Scozia, nonostante il “remain” ivi avesse prevalso, si ritroverebbe orfana di mamma Europa. Diciamo che ci riprova, sperando che sia la volta giusta.

Da un lato, questo farebbe onore alla democrazia britannica. E’ da noi inconcepibile un referendum di simile portata sui destini storici addirittura reiterato, anzi credono un disastro delle misere elezioni parlamentari anticipate; figurati quindi qualcosa del genere. Già la costituzione “blinda” la forma repubblicana, vietando implicitamente la ripetizione di un referendum istituzionale come quello del 1946: e anche se la stanno facendo sostanzialmente a pezzi un po’ come il fascismo abrogò, sempre sostanzialmente lo statuto albertino pezzo dopo pezzo, di sicuro l’art. 139 sarebbe invocato.

Ma l’ennesima richiesta di referendum da parte degli indipendentisti scozzesi, un po’ come nel caso della Catalogna, ha del paradossale: ci si infervora per la separazione da Londra o Madrid, ma per sottomettersi  a Bruxelles. In Catalogna la richiesta di indipendenza appare puramente una ripicca pur non dichiarata, verso la monarchia borbonica, da oltre un secolo odiata dalla locale sinistra e soprattutto da una ormai radicata tradizione anarcoide e massonica. A Barcellona e dintorni già godono di ampie autonomie, non vedo come l’eurocrazia potrebbe consentire maggiore indipendenza dell’attuale. E’ una chiara operazione mondialista di smembramento identitario, un laboratorio finora fallito altrove come in Italia.

In Scozia siamo invece all’ imperialismo di fatto del sistema eurocratico, ferito dalla Brexit, intenzionato a vendicarsi probabilmente della monarchia britannica stessa apparsa, pur ufficialmente neutrale, tendenzialmente per il leave, oltre che interessato al controllo del petrolio del Mare del Nord. E’ anche probabile, in caso di indipendenza, che la euroentusiasta Sturgeon, come anni fa si fece promotrice dei matrimoni gay introdotti in Scozia prima che in Inghilterra stessa, conduca la pseudoindipendente Scozia nelle fauci della BCE che da anni, comprensibilmente, non riesce a convincere a rinunciare alla sovranità monetaria chi non lo ha fatto (Polonia, Svezia ecc.).

In bocca al lupo a Sua Maestà Elisabetta II e al suo Primo Ministro Boris Johnson.  

A. Martino

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