INGINOCCHIARSI SI, INGINOCCHIARSI NO – LO SPORT DA SEMPRE È UN’ARMA POLITICA, MA C’È, PUR SEMPRE, MODO E MODO!

Come da me pronosticato qualche ora prima, durante una tavola rotonda avente per oggetto l’ormai prossimo incontro tra Biden e Putin a Ginevra, la provocazione politica, a margine dell’incontro degli europei di calcio Russia – Belgio, puntuale come un orologio, c’è stata!

Ormai certi salotti non ti lasciano più neanche il gusto della sorpresa, così prima che si iniziasse a giocare la nazionale belga e la terna arbitraria presente in campo, si sono inginocchiati, nel giorno della Festa Nazionale Russa, nella città simbolo di San Pietroburgo, davanti alla nazionale russa per manifestare la loro solidarietà al movimento “Black lives metter” e quindi dare un messaggio antirazziale.

Il bello è stato che la rappresentativa della Federazione Russa è rimasta dignitosamente in piedi, per tutto il tempo di questa pantomima, mentre i tifosi di San Pietroburgo fischiavano gli accosciati.

A seguito di ciò, come da programma, si è levato, a livello internazionale, un coro di sdegno per la scarsa attenzione della Nazionale Russa.

Da premettere, ancora, che questo gesto sia avvenuto, guarda caso, a poche ore della dichiarazione di Putin con la quale egli ha elogiato il passato lavoro di Trump rispetto all’inconsistenza di Biden.

Ma, tornando a noi, accusare la Russia di razzismo è come sostenere che l’acqua sia asciutta, infatti, all’interno della Federazione Russa, vivono circa 200 differenti etnie, di queste le più famose sono i:

  • Russi;
  • Tatari;
  • Ucraini;
  • Ceceni;
  • Armeni;
  • Tagichi;
  • Polacchi;
  • Bulgari;
  • Turchi;
  • Circassi;
  • Mongoli;
  • Coreani.

Dunque un vero e proprio Paese multirazziale non da ora, ma fin dal tempo lontano degli Zar.

Nazione che ha fatto della tolleranza e del rispetto reciproco tra i popoli la propria bandiera, quindi che senso aveva ed ha, quell’inginocchiarsi proprio il 12 giugno se non per puro spirito provocatorio?

Il Belgio poi è un Paese seriamente travagliato, diviso al proprio interno da mille fazioni e mille identità locali e si permette il lusso di concentrarsi sulle esigenze dei “Black lives metter” quando avrebbe tante altre questioni ben più pregnanti di cui occuparsi, ma si sa, in questo caso, “ce lo chiede l’Europa!” ed allora tutti gli schiavi dell’Euro/Atlantismo si attengono alla liturgia con grande zelo.

Peccato, per lor signori, che ieri sera il malore del Danese Eriksen abbia calamitato tutte le attenzioni relegando, così, questo incidente politico ad un ruolo secondario, ma soprattutto  peccato che la Serbia, in questa edizione, non partecipi a queste fasi finali dell’Europeo altrimenti, di sicuro, avremmo goduto nuovamente di questo teatrino.

Certo, lo sport da sempre è un arma politica, ma c’è pur sempre, modo e modo!

Lorenzo Valloreja

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