UN GIORNO DI ORDINARIA FOLLIA A PESCARA PER INIZIARE IL 2019

Mi chiamo Massimo, ho 50 anni e sono separato. Lavoro in banca e ho tre figli piccoli che stanno con la mamma. Ho urgente bisogno di una casa tra Pescara, Montesilvano, Spoltore e Francavilla da condividere con qualcuno, in modo da poter pagare 350-400 euro che da solo non posso sostenere. I miei figli (11 9 e 4 anni) sono con me due sabato sera al mese e non creano alcun problema. Chi avesse una esigenza simile è pregato di contattarmi al più presto”.

Questo scriveva sulla propria pagina Facebook in data 27 novembre Massimo Ferretti,  il dipendente pescarese di un istituto di credito da ventiquattro anni, pubblicando anche una sua foto sorridente in cravatta, presumibilmente sul proprio posto di lavoro. Il due gennaio si improvvisava rapinatore nella filiale BPER di Viale Giovanni Bovio in Pescara. Bottino 2280 euro. Arresto avvenuto il quattro gennaio grazie alle riprese effettuate dalle telecamere. Nella giornata in cui scrivo sembra sia avvenuto l’interrogatorio da parte del magistrato in cui verosimilmente il reo ha spiegato di aver compiuto l’insano gesto per le difficoltà causate dalla sua incresciosa situazione familiare, con relative ripercussioni economiche.

La vicenda, lungi dal prestarsi  a stupide ironie di stampo fantozziano, è invece socialmente agghiacciante, e sintomatica del profondo malessere esistenziale, sociale ed economico, che il dissolvimento dell’istituto familiare , genera ormai da svariati anni. Si consideri oltretutto che la categoria lavorativa cui Massimo Ferretti appartiene, o forse piuttosto, apparteneva, è tuttora nel mondo del lavoro dipendente di sicuro fruitrice di quelle poche centinaia di euro in più che, se semplici spiccioli per qualcun altro, potrebbero fare la differenza nell’ impresa di arrivare alla fine del mese. Molto spesso infatti, la mancanza di reali valori familiari di sacrificio, comprensione, fedeltà, dialogo, progetti da condividere, da una parte o da entrambe, fa sì che il sogno di un momento si trasformi nell’incubo della vita, tra ripicche, carte bollate, avvocati esosi fino al parassitismo, volgari richieste di soldi, famiglie di origine aizzatrici e seminatrici di zizzania.

Non conosco certo Massimo Ferretti, ma ne intuisco, anzi ho la certezza, del suo animo fondamentalmente buono e sensibile, anche se scivolato in un immenso sconcertante errore. Provo verso di lui un grande sentimento di misericordia : quella cristiana, non la generica “pietà” che potrebbe farmi credere, o potrebbe far credere chi legge, che queste sono cose che succedono sempre agli altri, ai falliti, ai “matti”. No: io credo che solo per un caso, quelle cose succedono a qualcun altro, e che quella persona è finita così semplicemente perché questa società, con le sue leggi, la sua decadenza morale, la sua ipocrisia, e la sua glaciale solitudine, si diverte  a tormentare qualcuno in particolare. E il matrimonio è di fatto diventato una trappola per tanti, in non pochissimi casi persino letale, specie per donne che si imbattano in persone meno miti, e sostanzialmente innocue come Massimo.

Dov’è qui, l’ Italia “comunità” sorretta dai “buoni sentimenti” di presidenziale retorica?  

Antonio Martino   

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