DOPO I CAMPIONATI EUROPEI CON I LORO INGINOCCHIAMENTI, ECCO LA MANO CHE TAPPA LA BOCCA. AI SOLITI IDIOTI DELLA COMICITA’ INVOLONTARIA GLOBALISTA, PREFERIAMO QUELLI DELLA COMICITA’ VERA E ITALIANA.

Il Qatar non è, indubbiamente, un modello di democrazia e rispetto della dignità umana (parlare di “diritti umani” rischia di apparire quasi patetico).

So benissimo che l’emirato consta di una popolazione di quasi tre milioni di abitanti, a fronte di una enorme aliquota di lavoratori stranieri (stimata all’ ottantotto per cento), cresciuta all’inverosimile durante la lavorazione delle strutture sportive e edilizie necessarie allo svolgimento dei primi campionati mondiali FIFA d’inverno. E che tra questi disperati, recatisi su quella landa del Golfo Persico per spedire soldi alle famiglie in Nepal o Congo o India, specie nei cantieri, si sono contate migliaia di morti (rendiamoci conto cosa significa lavorarvi a 45 gradi Celsius all’ombra). Di queste migliaia di morti, solo trentasei sono considerati decessi a causa di condizioni di lavoro eufemisticamente definibili difficili; tutte le altre sono annunciate alla famiglia come esito di “problemi di salute”.

So benissimo dei sospetti (tanto per essere garantista) circa strani intrecci affaristici, non escluse forniture militari, onde il Qatar si vedesse assegnato l’ambitissima organizzazione di un torneo popolare a prescindere almeno per noi e tanti altri; popolare fino alla istituzionalità a livello di Festival di San Remo, se riesce a condizionare il palinsesto di mamma RAI pur non partecipandovi l’Undici azzurro con discreta ignominia.

So benissimo che l’omosessualità da quelle parti, e in tutta la penisola arabica (avete in mente la tremenda sciabola dei boia sauditi?) non è un motivo di polemica da salotto sulla propaganda gender o sulle adozioni delle coppie gay, ma un vero e proprio crimine, come l’adulterio femminile o il concorso in esso, sproporzionatamente e incredibilmente sanzionato più o meno quanto l’omicidio.

Proprio per questo e a maggior ragione, i tentativi di sottomissione e catechizzazione da parte di  certe lobbies mondialiste che da noi fanno il bello e il cattivo tempo, e che lì non sono neanche perseguitate, ma semplicemente e benignamente lasciate abbaiare alla luna per i loro passaporti stranieri, se al main stream e alle masse lobotomizzate appaiono commoventi eroismi, per me invece sono patetici e controproducenti. Alla controparte “medioevale e oscurantista” confermano solo le manie del cosiddetto Occidente decadente e dissoluto, e la sua petulanza sui “diritti” più o meno umani. Possibile che non riescano a capire che per loro, come fonte di ispirazione morale e giuridica, basta semplicemente il Corano?

E che, continuando a fare affari come prima anzi più di prima, non hanno alcuna coerenza e seria credibilità?

E’ il solito Occidente paradossalmente provinciale nel suo globalismo, che non riesce a capire che la Rivoluzione francese o il Sessantotto o il 1848 per tanta parte del mondo, sono solo importanti fatti storici stranieri; e che Marco Pannella o Emma Bonino sono degli illustri sconosciuti, e che Vladimir Luxuria è un soggetto da Circo Barnum tra un numero di cammelli ammaestrati e uno di serpenti incantati.

In questo senso, l’esibizione della nazionale tedesca con la bocca tappata dalla mano è solo una stupida, inutile provocazione sulla scia dello stalking agli ungheresi rei di non essere filo LGBT e degli inginocchiamenti antitrumpian, ipocritamente antiviolenza contro la polizia USA, durante gli ultimi campionati europei. L’obbedienza di undici ricchissimi ragazzi del calcio europei, timorosi di perdere i loro favolosi contratti in Bundesliga, che dovrebbe vendicare l’atroce divieto della FIFA di fascia arcobaleno al braccio corredata della scritta One love, non cambierà la storia della penisola arabica, ma almeno ci faccia fare una bella risata.

I “soliti idioti” ma dalla comicità involontaria e globalista, cui preferiamo quelli della comicità autentica e italiana (ma graffiante e scorrettissima nella sua apparente demenzialità).

A. Martino

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