IL VIAGGIO NEGLI EMIRATI ARABI UNITI E’ STATO INDISCUTIBILMENTE UNA VITTORIA DI PAPA FRANCESCO: E’ RIUSCITO A PORTARE L’EVANGELIZZAZIONE, LETTERALMENTE, FINO AGLI ESTREMI CONFINI DEL MONDO!

Ci sono momenti in cui gli uomini fanno la storia, compiono gesti e imprese che saranno ricordati per sempre dai posteri.

Ora, quando Papa Francesco sarà passato a miglior vita, perché, ahimè, speriamo il più tardi possibile, anche a lui toccherà questo infausto destino, come sarà ricordato sui libri di scuola? Forse per la lotta per i diritti dei migranti ad avere riconosciuto la loro prerogativa d’asilo? Non credo. Forse allora sarà menzionato per il suo impegno affinché la Chiesa torni a vivere in modestia e povertà il proprio magistero? Neanche … ed allora per cosa sarà commemorato? Beh senza ombra di dubbio sarà ricordato per il suo viaggio del 2019 nella penisola arabica, il primo in 2000 anni di cristianesimo.

Certo, chi non è avvezzo, non dico, alle cose di Chiesa, ma neanche a quelle della religione in generale, non si rende minimamente conto di cosa abbia significato questo viaggio ne di cosa rappresenti il fatto che il Papa abbia potuto dire messa, in un luogo pubblico, nella Terra Santa degli islamici e quindi, in definitiva, in un posto che, alla lettera, non potrebbe neanche essere calpestato dalle suole delle scarpe di un “miscredente”.

Nella penisola arabica, infatti, il maggior gruppo religioso è quello dei wahabiti: una corrente particolarmente riformatrice e conservatrice dell’islam sunnita che, sviluppatosi intorno al XVIII secolo, interpreta in modo perfettamente letterale il Corano.

I seguaci di questa fazione religiosa considerano tutti coloro i quali non praticano la loro modalità d’islam come dei pagani nemici dell’unica fede esistente e possibile e come tali possono e devono essere processati, per:

  • propaganda illecita di altro culto religioso, come, ad esempio, nel caso dei cristiani;
  • apostasia per tutti gli altri sunniti e sciiti.

In entrambi i casi la pena, ancora oggi, è una sola: la morte.

A questa intransigente corrente religiosa sono da ascrivere anche i componenti della dinastia saudita.

Costoro governano l’Arabia Saudita, quali monarchi assoluti, dal 1926 e sono legittimati nella loro funzione dal fatto di essere gli unici custodi riconosciuti delle due sante moschee, quella della Mecca e quella del Profeta a Medina.

Fino ad ora le fortune petrolifere della famiglia reale saudita sono andate di pari passo con le sorti del wahabismo facendo si che anche gli altri Stati della penisola arabica come gli Emirati Arabi Uniti e lo Yemen gravitassero letteralmente e completamente, intorno alla casa di Riyad, mentre gli altri emirati, cioè quelli del Bahrein e del Qatar, unitamente al Sultano dell’Oman, seppur politicamente più distanti rispetto all’Arabia Saudita, fossero, anch’essi, influenzati nella percezione dell’islam dalla visione wahabita.

Tale realtà è diventata, poi, ancor più forte e pregante da quando, nel  1979, in Persia, si è instaurata la Repubblica Islamica dell’Iran, punto di riferimento per tutti gli sciiti dell’area mediorientale. In tale contesto, infatti, il wahabismo è diventato il collante e l’arma di difesa, per tutte le monarchie affacciate sul Golfo Persico, da una presunta volontà d’influenza da parte del Governo di Teheran che, sembrerebbe, sempre secondo questi ultimi, voler dominare tutta l’area sopracitata.

Ora questo timore non è stato di certo agevolato dalla guerra civile in atto in Yemen dove, ad affrontarsi, per l’appunto, sono principalmente due schieramenti:

  • gli Huthi, gruppo armato prevalentemente sciita che controlla la capitale San’à e che è spalleggiato dalla Russia di Putin, dalla Siria degli Assad, dagli  Hezbollah libanesi e, dulcis in fundo, dall’Iran;
  • le truppe del Maresciallo Hadi, il quale, deposto nel 2015 con un Colpo di Stato, è ancora riconosciuto ed aiutato, dagli Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Arabia Saudita ed Emirati Arabi quale legittimo Presidente.

Ad aggravare questa iranofobia dello schieramento di Hadi infine ci ha pensato il Qatar che, nel 2017, non solo si è tirato fuori dalla coalizione antiHuthi, ma si è detto non disponibile ad alcun supporto per un’eventuale attacco all’Iran.

Di tutta risposta le monarchie del Golfo hanno proclamato un’embargo contro il Qatar chiedendo inoltre, a quest’ultimo, di far chiudere immediatamente la base turca presente sul suolo qatariota nonché di oscurare i canali di Al Jazeera.

Tale scelta non è stata condivisa dal Presidente Trump che di fatto, per non favorire Teheran, ha chiesto ai propri alleati nel Golfo di smetterla con le contestazioni al Qatar.

Ora il Qatar, per darsi un’immagine più tollerante verso gli occidentali ha finanziato in Libano la costruzione di alcune chiese cattoliche, Libano che, ricordiamolo, è un alleato dell’Iran e dove, in Parlamento, siedono anche esponenti degli Hezbollah, partito sciita alleato dei cristiani maroniti e che propugna, da qualche anno a questa parte, la costituzione di uno stato laico nella terra dei cedri.

Anche l’Iran, sulla stessa scia dei suoi alleati libanesi, ultimamente si è dimostrato più tollerante verso i cristiani e ciò ha fatto si che, per non perdere appeal sugli occidentali, anche alcuni regni wahabiti abbiano iniziato a concorrere lungo la strada della tolleranza religiosa per non essere da meno.

Certo, in Arabia Saudita, certe aperture rimangono pur sempre di difficile applicazione però, vi sono, nella penisola araba, taluni Stati, come ad esempio gli Emirati Arabi Uniti, che fungono proprio da apripista o quantomeno da laboratorio, per questi tipi di esperimenti.

E così capita che Abu Dhabi, ultimamente, non solo finanzi la costruzione di talune chiese ma organizzi addirittura una due giorni di “Conferenza globale per la fraternità umana” alla quale non solo hanno partecipato cristiani come il nostro pontefice ma anche importanti esponenti del mondo ebraico.

Ora, in questo, il Santo Padre è stato geniale, cioè è riuscito a sfruttare questo momento di competizione/spaccattura all’interno del mondo islamico per penetrare come non mai quell’angolo di mondo … in altri termini si è fatta Evangelizzazione pura, si è riusciti a portare la parola di Dio, parola di pace, speranza e amore, fino agli estremi confini della terra.

Questa operazione porterà realmente frutto? È quanto si chiedono i detrattori più maligni e francamente su questo di certo non possiamo rispondere, tuttavia possiamo lasciarci con una certezza storico/matematica, cioè che non si torna mai indietro!

Di conseguenza siamo certi che sarà solo una questione di tempo, prima o poi, anche la penisola arabica acquisirà i nostri stessi valori.

Lorenzo Valloreja

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