MENTRE L’ISIS NON SI ARRENDE AI FILOAMERICANI, A BAGHOUZ, SPUNTANO, TRA I PRIGIONIERI, DEI FOREIGN FIGHTER ITALIANI. LA DOMANDA E’: “CHE FARNE?”

Da giorni ormai viene ripetuto l’annuncio della caduta dell’ultima roccaforte dell’ISIS presente sul suolo siriano, a Baghouz, nella regione di Deir el-Zor, ad opera delle Forse Democratiche Siriane (FDS) ed ogni volta, a poche ore di distanza, la resa viene puntualmente smentita dalla resistenza disperata di varie sacche del “califfato nero”.

Così, mentre a Baghouz si continua a combattere, l’unica vera nota positiva è la notizia che più di 3.000 jihadisti si sono arresi alle forze della coalizione e tra questi vi sono anche alcuni foreign fighter italiani.

È il caso, ad esempio, di Monsef el Mkhayar, marocchino arrivato clandestinamente in Italia nel 2009, che, radicalizzatosi in carcere, dopo essere stato arrestato in Lombardia per spaccio di droga, nel gennaio del 2015 è fuggito dalla comunità che amorevolmente lo ospitava, quella di Don Claudio Burgio, la “Kayros”per intenderci, ed è riparato, insieme ad un suo amico, in Siria per unirsi all’ISIS nella lotta ai miscredenti.

Da lì, sotto le effige della bandiera nera, incitava i musulmani a tagliare la testa ai cristiani, ora che, invece, è stato preso prigioniero si dice pentito e dispiaciuto, in più, non vede l’ora di ritornare in Italia, infatti ha affermato candidamente alla Reuters: << Spero che la comunità mi riaccolga e mi aiuti a ricominciare. Voglio uscire da questo film dell’orrore>>. Insomma tutto il contrario di quando la  Digos lo aveva intercettato ai tempi in cui il Califfato sembrava invincibile ed egli baldanzoso giurava: << Se tornerò in Italia sarà solo per farmi esplodere >>, ed anche per queste frasi,  Il 13 aprile 2017, la Corte di Assise di Milano lo ha condannato a ben otto anni di carcere.

Certo, è lecito per qualsiasi essere umano pentirsi, ma siamo così sicuri che egli lo sia veramente o non potrebbe essere più veritiero che tanto ravvedimento non sia invece da imputare alla paura di essere rimpatriato nuovamente in Marocco dove, la condizione carceraria, non è che sia delle migliori?

Chi mai potrà saperlo, in fondo, solo Dio può leggere nel profondo dell’animo umano, ma, detto questo, rimane il fatto che Monsef è stato condannato più di una volta da un tribunale italiano e prima di spedirlo in ogni dove l’ex foreign fighter deve necessariamente parlare:

  1. Chi sono i fiancheggiatori in Italia?
  2. Chi lo ha coperto?
  3. Come è arrivato in Siria?
  4. Chi sono i capi?
  5. Come si finanziano?
  6. Quali sono i nomi ed i cognomi, in suo possesso, di tutti gli italiani che hanno combattuto, come lui, in Siria?

Solo dopo che avrà fornito tutti questi dati si potrà pensare al suo futuro.

Monsef l’ha fatta troppo grossa, ed un semplice mi spiace non può bastare!

L’ISIS è, e rimane, il pericolo più grande per tutto il mondo non sunnita, ivi compresa l’Europa secolarizzata, perciò ogni segno di debolezza o indecisione, da parte nostra, potrebbe essere letale a tutta la nostra civiltà.

Lorenzo Valloreja

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