VIKTOR ORBAN UMILIATO DA UN GAY PRIDE A BUDAPEST. L’AMBIGUITA’ HA SEMPRE UN PREZZO, STAVOLTA MOLTO CARO.

Alla fine, la tanto temuta cocciutaggine dei “sovranisti” Orbàn e Fico ovvero di Ungheria e Slovacchia, si è sciolta come la neve dei poveri ghiacciai alpini in questi giorni di caldo da ennesimo record per il mese di giugno.

Le sanzioni alla Russia sono prorogate fino al 30 gennaio (diceva una volta Matteo Salvini, “come l’abbonamento alla palestra”) e in qualche modo si riuscirà a varare anche il diciottesimo pacchetto di sanzioni. La pressione del capo dell’esecutivo blustellato Antonio Costa non è stata per nulla faticosa, e lunedì 30 dovrebbe arrivare la conferma ufficiale.

Pare che Orbàn abbia atteso qualche segno pro Russia da Washington, ma al momento (la precisazione è d’obbligo date le umoralità o fluidità che dire si voglia di Trump) non tira vento buono per Putin dalle parti della Casa Bianca.

Ciò non significa però, che l’eurocrazia abbia voglia di ammorbidirsi nei confronti di Viktor Orbàn, anzi in queste ore mentre scrivo, sta portando la sfida al primo ministro ungherese, e alla sua Ungheria che in gran parte di questo primo quarto di secolo tanto egli  ha forgiato in principi e leggi di non omologazione e antiglobalismo, proprio fra le strade e i palazzi del potere magiaro.

Infatti, in questi giorni a Budapest si sta svolgendo un grande Gay Pride che sta convogliando sulle rive del Danubio, non solo (anzi non tanto) semplici militanti LGBT che per la verità, non mi paiono troppo pittoreschi, sguaiati e blasfemi come sovente accade, ma soprattutto una vera e propria pacifica (nei mezzi, meno nella radicale retorica ideologica) invasione di politici agenti arcobaleno e woke fin sotto le finestre di Orbàn. Una obiettiva umiliazione per l’ex dissidente dell’epoca comunista, che non perdendo una preziosissima occasione (il sindaco della metropoli magiara ha goffamente tentato di camuffare il Gay Pride in Budapest Pride) si ribadisce essere, da parte dell’establishment europeista e pensierounicista, dittatoriale omofobo e oscurantista anzi proprio “fascista”.

Gli italiani in questo frangente sono in prima fila, per dichiarazioni antiungheresi e per presenza sul campo della marcia arcobaleno su quella che fu la seconda capitale dell’ Impero austroungarico.

Ci informa Gay.it. “Oggi in piazza a Budapest con oltre 70 parlamentari da tutta Europa, rappresentanti dei partiti popolari, liberali e social democratici per dire SÌ all’Europa dei diritti e NO all’Europa di Orban, ai suoi rapporti privilegiati con Putin e alle sue violazioni dello stato di diritto“, ha scritto Calenda su X, per poi aggiungere“L’Europa si fonda sullo Stato di diritto, la tutela del diritto di manifestare pacificamente e di amare chi si vuole indipendentemente dal sesso”.

“Siamo qui al Pride Budapest per difendere la libertà e la democrazia”, ha precisato Schlein, volata in Ungheria insieme ad  Alessandro Zan, da noi stamattina intervistato:  “Siamo qui per esprimere piena solidarietà al popolo ungherese e alla comunità LGBTQIA+. Siamo qui per affermare che nella nostra Unione Europea, quando si colpiscono i diritti di qualcuno, si colpiscono i diritti di tutte e tutti noi. Siamo qui per dire che non si può vietare l’amore per legge. Non si può cancellare la nostra differenza per legge. Non si può cancellare l’identità di genere. Non si possono cancellare i nostri corpi perché esistono. E oggi li stringeremo così forte insieme, che gli odiatori non passeranno. No pasaran!”, ha concluso la segretaria Pd.

Mentre oltretutto, la Spagna celebra il ventennale della “glorious revolution” delle nozze gay volute dal socialista Zapatero, che il governo a guida popolare non si permise di mettere in discussione (logica conformista in fondo replicata in Italia dalla Meloni), è necessario per l’agenda globalista battere dei poderosi colpi contro un Trump che negli USA, già nel discorso di insediamento, ha promesso guerra ai programmi di “diversità e inclusione”.

In quanto a Orbàn, lo schiaffo di questi giorni è un chiaro prezzo da pagare alle sue ambiguità geopolitiche e ai suoi opportunismi finanziari verso l’Unione europea.

Vuoi vedere che dopo la Bulgaria, fra una predica sui famosi “valori cristiani” e un’altra sul no alla “invasione islamica”, il prossimo stato a aderire all’ euro e a rinunciare alla sovranità monetaria sarà proprio l’Ungheria?

A. Martino

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