PAPA FRANCESCO, MA COSA DICI? COL TUO INVITO ALL’ “OBBEDIENZA” VERSO LA DITTATURA TECNICO-SANITARIA, SEI FORSE L’ ULTIMO PAPA

Credo che ormai i nostri amici conoscano la caratteristica coerenza con la quale tentiamo di informare e aiutare un pensiero di resistenza all’ omologazione e alla sottomissione tanto del singolo quanto della Patria. Riguardo Papa Francesco, al secolo Jorge Mario Bergoglio, la firma del sottoscritto è stata spesso duramente critica, anche se di quella criticità tipica del figlio deluso; ultimamente però, avevo e avevamo ammorbidito le nostre posizioni, devotamente colpiti dalla sua indulgenza plenaria impartita, sotto il Cocifisso, in  una Piazza San Pietro tragicamente deserta. D’ altronde, tutte le nostre esternazioni sono sempre state provocate dal taglio pesantemente politico delle sue “posizioni” che definire “magistero” dà probabilmente, nel suo radicale modernismo, fastidio allo stesso.

 La nuova teologia dello streaming (in fondo, anch’ essa l’ennesima capitolazione dinanzi al Pensiero Unico e alle voghe del mondo) aveva anche in me, lo ammetto, fatto breccia; mi pareva che quel vecchio Pastore claudicante, che già aveva percorso le vie di una domenica romana in impressionante solitudine fosse nonostante tutto, l’ unico punto di riferimento in tanto disastro che ci hanno perfidamente apparecchiato. La rinuncia operata dall’ apparato ecclesiastico ad animare la vita reale e fisica della comunità cristiana persino nella settimana santa Pasqua compresa, non celebrando Eucarestia e addirittura non celebrando funerali e non dispensando sacramento alcuno, lo starsene buoni del clero in un angolino silenzioso ritenuto superfluo per i problemi seri dal Potere, iniziavo a giustificarlo.

 Mi dicevo : è stata una debolezza politica, un frutto dell’ inflaccidimento spirituale modernista, cerchiamo, anzi sforziamoci, di “non giudicare”.  Anzi, leggete cosa aveva detto nella sua omelia quotidiana a Santa Marta il 17 aprile. Alle sette, la tv di stato (o di regime o servizio pubblico, fate voi), trasmette la Santa Messa di Bergoglio in diretta, a contentino della soppressione del culto pubblico e come instrumentum regni per cercare di tenere muta e rassegnata l’ opinione pubblica cattolica con qualche “parola provvidenziale”. Anche se l’ officiante a volte se ne dimentica e, d’ istinto, gli scappa “qualcosa di cattolico” che poi si vede costretto a rettificare a medesimo mezzo. Come adesso vedremo.

“La familiarità con il Signore, dei cristiani, è sempre comunitaria. Sì, è intima, è personale ma in comunità. Una familiarità senza comunità, una familiarità senza il pane, una familiarità senza la Chiesa, senza il popolo, senza i sacramenti è pericolosa. Può diventare una familiarità – diciamo – gnostica, una familiarità per me soltanto, staccata dal popolo di Dio. La familiarità degli apostoli con il Signore sempre era comunitaria, sempre era a tavola, segno della comunità. Sempre era con il Sacramento, con il pane”.

Dico questo –aggiungeva Francesco– perché qualcuno mi ha fatto riflettere sul pericolo che questo momento che stiamo vivendo, questa pandemia che ha fatto che tutti ci comunicassimo anche religiosamente attraverso i media, attraverso i mezzi di comunicazione, anche questa messa, siamo tutti comunicati, ma non insieme, spiritualmente insieme. Il popolo è piccolo. C’è un grande popolo: stiamo insieme, ma non insieme. Anche il sacramento: oggi ce l’avete, l’eucaristia, ma la gente che è collegata con noi, soltanto la comunione spirituale. E questa non è la Chiesa: questa è la Chiesa di una situazione difficile, che il Signore lo permette, ma l’ideale della Chiesa è sempre con il popolo e con i sacramenti. Sempre”. Insomma, sembrava che le bizzarre teologie della preghiera anche in toilette (vedi Fiorello), o addirittura della scemenza fascista (alla Michele Serra)che si ostina a chiedere la messa, a differenza delle bocciofile che non rompono così tanto, andassero sotto pietra tombale. Ma la predica non finiva qui.

“Prima della Pasqua, quando è uscita la notizia che io avrei celebrato la Pasqua in San Pietro vuota, mi scrisse un vescovo – un bravo vescovo: bravo – e mi ha rimproverato. ‘Ma come mai, è così grande San Pietro, perché non mette 30 persone almeno, perché si veda gente? Non ci sarà pericolo …’. Io pensai: ‘Ma, questo che ha nella testa, per dirmi questo?’. Io non capii, nel momento. Ma siccome è un bravo vescovo, molto vicino al popolo, qualcosa vorrà dirmi. Quando lo troverò, gli domanderò. Poi ho capito. Lui mi diceva: ‘Stia attento a non viralizzare la Chiesa, a non viralizzare i sacramenti, a non viralizzare il Popolo di Dio’. La Chiesa, i sacramenti, il Popolo di Dio sono concreti. E’ vero che in questo momento dobbiamo fare questa familiarità con il Signore in questo modo, ma per uscire dal tunnel, non per rimanerci. E questa è la familiarità degli apostoli: non gnostica, non viralizzata, non egoistica per ognuno di loro, ma una familiarità concreta, nel popolo. La familiarità con il Signore nella vita quotidiana, la familiarità con il Signore nei sacramenti, in mezzo al Popolo di Dio. Loro hanno fatto un cammino di maturità nella familiarità con il Signore: impariamo noi a farlo, pure. Dal primo momento, questi hanno capito che quella familiarità era diversa da quello che immaginavano, e sono arrivati a questo. Sapevano che era il Signore, condividevano tutto: la comunità, i sacramenti, il Signore, la pace, la festa”.

Insomma, teologia semplice, schietta, o se vogliamo pillole di Tradizione cattolica . Ma è stata una illusione: già immediatamente dopo, ecco l’ affettuoso messaggio al no global Casarin per offrirgli “una mano”, e soprattutto la montante mobilitazione dell’ establishment postcattolico per la regolarizzazione dei famosi seicentomila clandestini (servono braccia per l’ agricoltura ma i vouchers per gli italiani no, sono solo “salvinate”).

Quando però il ducetto tecnosanitario, nel suo ultimo discorso a reti unificate al popolo pendente dalle sue labbra di domenica 26, ha graziosamente concesso “ i funerali con non più di quindici persone” come unico rito in chiesa, la Conferenza episcopale italiana, in fondo incoraggiata dalla parola pontificia, ha preso carta e penna con una immediatezza impressionante tipica delle grandi arrabbiature della serie “adesso basta,  non ce la faccio più”. Ed ecco lo storico grido di dolore sulla violazione della libertà religiosa garantita dalla Costituzione della Repubblica italiana. Analoghe prese di posizione sono state prese anche da altri episcopati quale quello francese.

Campanello di allarme per il “cattolico” (o piuttosto padrepiista) Giuseppi, e per il “cerchio magico” bergogliano ultramodernista e ultraprogressista: una grave imprudenza e un grave errore, si è detto ad esempio un gesuita come padre Spadaro. Il loro ragionamento è: basta con questa lagna delle chiese sprangate , ma chi se ne importa dei sacramenti nel 2020, così portiamo soltanto acqua al mulino di Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Fosse per tenere i mostri “sovranisti e populisti” lontani dalla stanza dei bottoni, in San Pietro ci si potrebbe realizzare anche il più grande centro commerciale del mondo.

Ed ecco la tremenda rettifica da Santa Marta (in Vaticano ma in realtà cappella di Palazzo Chigi ancora autorizzata da Burioni) del successivo martedì 28 : «In questo tempo nel quale si comincia ad avere disposizioni per uscire dalla quarantena preghiamo il Signore perché dia al suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e dell’obbedienza alle disposizioni perché la pandemia non torni».

Premesso che anche io invito a usare tutte le cautele necessarie prescritte, se non altro per il terrore che ci hanno inculcato e per stare con la coscienza a posto verso se stessi innanzitutto, qui il Potere spirituale abdica clamorosamente alla sua funzione di contraltareanche puramente dialettico del Potere statale; il laicismo di questo non solo non lo rende guardingo, ma vi si sottomette con entusiasmo. Qui, nessuno invitava a rivolte e “disobbedienze”. I suoi vescovi confratelli avevano soltanto protestato.

E come se non bastasse, il giorno dopo ha invitato, in pratica, a pregare per l’eurocrazia.

Insomma : non solo per non indebolire il governo giallorosso “argine a sovranismo e populismo” ma anche  per un futuribile partitino cattobellaciao ( il solito famoso ago della bilancia) di cui Conte è in odore di leadership, quello che una volta si sarebbe detto il Sommo Pontefice non esita a esternare sovrana indifferenza verso il vuoto spirituale in cui la nascente dittatura tecnosanitaria vuole spingere le masse; case di Dio svuotate di uomini e donne, teoricamente anche per sempre?  Un “sacrificio momentaneo e responsabile”.

O anche più laicamente: popoli interi a parte quello italiano privati di libertà intangibili fino a qualche mese fa, i loro mezzi di sostentamento aggrediti dai loro governi per fini non molto oscuri e con motivazioni manipolate e ingigantite? Silenzio, “basta col seminare zizzania”!

Eppure, Don Milani tanto caro a Papa Francesco coniò il famoso motto “L’ obbedienza non è più una virtù”.

Pasqua e settimana santa vissute alla tv o in streaming tra un cartone e un filmetto, padri e madri di famiglia sul lastrico sacrificati all’ ormai mitico “distanziamento sociale”?

Ma cosa volete che gliene importi, la cosiddetta Santa Sede è solo una delle  curatele fallimentari di una civiltà in smantellamento, responsabile per il settore “credenza religiosa cattolica”; vai con la “religione dell’ umanità” new age e la pace dei sensi intellettivi. Ammesso e non concesso, dato che per il tecnototalitarismo cinese tanto caro guarda caso ai nostri giallorossi, all’ “Europa”, ai dem USA e al Vaticano; tecnototalitarismo da cui di sicuro in un modo o nell’ altro tutto questo disastro deriva, ogni religione è superstizione, ogni credente è un sociopatico sospetto.

Se e quando verrà graziosamente concesso alle chiese cattoliche di riaprire, ve lo dico io, molti avranno perso la voglia di entrarvi; basta, con l’ essere derisi e annoverati in un gregge residuo “attaccato alle tradizioni” fatto da patetici maniaci dell’ “amico immaginario” che non capiscono dove va il mondo da ormai due secoli, moneta di scambio per operazioni di potere tra una cupola e l’ altra comunque sempre mondialiste e conformi; e abbandonato nell’ ora peggiore a una diretta facebook o a un commento del Vangelo in whatsapp audio.

Basta, con l’assurda canonizzazione dell’Europa parassitaria ladra della moneta che disprezza identità dei popoli e le loro radici cristiane. Basta, con l’immigrazionismo nuovo articolo del Credo. Basta, con gli elemosinieri pontifici che soccorrono i trans che “non lavorano”.

“Nulla sarà come prima”: non è in effetti questo uno degli slogans di Sistema in questi sventurati (altro che “difficili”) giorni? Obbediremo anche ad esso, va bene?

Ma la Fede non muore: saprà trovarsi altri alvei terreni.

Con questo sofferto articolo, personalmente, cesso qualunque ulteriore commento sulle cose della Chiesa (post)cattolica: cosa dire di più, o di peggio?

A.Martino

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