“LE CHIACCHIERE STANNO A ZERO”: ORA GLI STATI GENERALI DEL SOVRANISMO ITALIANO O MAI PIU’

Con la fine del lockdown c’è grande fermento nella popolazione, giustamente c’è voglia di uscire, di lavorare, di tornare alla vita normale e ciò che è valido per il cittadino è valido anche per i corpi intermedi, cioè per i partiti ed i movimenti.

Così – complice la crisi economica innescata dal CoronaVirus, l’inadeguatezza dell’attuale Governo Nazionale e la totale disumanità dell’Unione Europea che, proprio in questo frangente storicamente così delicato per ognuno di noi, ha buttato giù la maschera mostrando finalmente il suo vero volto – le organizzazioni politiche, per la festa del 2 Giugno,  hanno deciso di riprendersi le piazze:

  • I Gilet Arancioni del Generale Pappalardo saranno in Piazza del Pincio, a Roma, a partire dalle ore 10:00;
  • Il Partito Comunista di Marco Rizzo sarà presente, il 2 Giugno, in varie piazze d’Italia, a partire dalle ore 11:00;
  • Corteo spontaneo e Sit- in, per CasaPound, a Roma.

Ma il movimentismo non finisce qui, continua sino a luglio, quando, per i primi del mese, è prevista una manifestazione di massa, in Roma, presso il Circo Massimo.

Certo, la Democrazia è una gran bella cosa e come cantava Giogio Gaber: << libertà è partecipazione >>, tuttavia anche l’azione democratica segue le proprie logiche ed ha delle modalità d’adempimento ben definite, trascurate le quali la pratica democratica, più che essere un esercizio civico, diventerebbe un’inutile perdita di tempo.

In conseguenza di ciò, essendo coscienti del fatto che, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, più che sciogliere le Camere – prima della fine naturale dell’attuale legislatura e, quindi, richiamare l’Italia alle urne – preferirebbe essere evirato, ha senso:

  1. Manifestare per chiedere il ritorno immediato alle urne?
  2. Disperdere le forze sovraniste in mille rivoli?
  3. Usare una narrativa politica legata ancora a schemi ideologici che ricalca, fondamentalmente, il periodo della Guerra Fredda?

A tutte e tre queste domande mi sento francamente di rispondere di no!

Ed allora, cosa fare?

Beh – se teniamo conto del fatto che la credibilità dell’UE, nel nostro Paese, mai come ora, è, realmente, ai minimi termini, e che solo essendo fuori dall’Unione Europea la nostra Patria potrà ritornare ad essere padrona del proprio destino sia nel campo delle politiche sociali, che in quelle economiche, quanto nella gestione dei flussi migratori – è estremamente evidente che la “Questione Europea” è più che mai pregnante e può essere affrontata solo con un coordinamento tra le varie forze che si definiscono euroscettiche.

Ciò, si badi bene, non significa creare i presupposti per una fusione politica che, oggi, ahimè, per l’enorme divario ideologico presente tra i vari attori in campo, sarebbe impensabile, quanto nel non voler perdere un appuntamento cruciale con la storia: l’uscita, senza se e senza ma, della Repubblica Italiana dall’Unione Europea.

Dato il fatto che, ciò, secondo il nostro ordinamento, ci è precluso per via referendaria, l’altra strada percorribile sarebbe quella di esercitare, sulle forze cosiddette sovraniste, attualmente presenti in Parlamento, una forte pressione politica per richiamarle verso questa opzione, che, detta in altri termini, altro non significa che presentare alle due Camere una petizione, in tal senso, sottoscritta da almeno 500mila votanti. Firme che dovranno, necessariamente, essere autenticate e corredate appositi certificati di iscrizione nelle liste elettorali.

A tal riguardo si pensi all’importanza che i mass media riconoscono ai sondaggi, cioè ad un parere espresso da un campione di persone che nella stragrande maggioranza dei casi non supera mai le mille unità e delle quali, per certo, non si sa nulla.

Nello specifico invece, con la petizione sopraddetta, noi depositeremmo la volontà del’1% degli elettori, quindi, non un misero campione qualsiasi, ma mezzo milioni di italiani ben identificati e riconoscibili.

Certo, l’1% non è il 50% più 1 degli aventi diritto, ma è il numero che servirebbe, normalmente, per promuovere un referendum abrogativo e nulla vieta che, qualora a partecipare a questa iniziativa fossero tutte le forze sovraniste, le firme raccolte, alla fine, possano essere anche oltre il milione, con il giusto peso simbolico che rappresenterebbero.

Ma, ripeto, per mettere tutto questo in atto vie è bisogno di coordinarsi, di parlarsi, di non farsi la guerra … almeno fino al raggiungimento dell’obbiettivo.

Diversamente gli attori in campo non sarebbero nell’agone politico per risolvere veramente i problemi ma per recitare solo a soggetto, ecco perché, ora più che mai, le “chiacchiere stanno a zero”!

Lorenzo Valloreja

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