IL PRIMO NATALE SANITARISTA: COSI’ PARLO’ CONTE.

Per la prima volta da quello che per me è definibile “golpe sanitarista”,  Giuseppe Conte opta non per il DPCM  ma per il Decreto legge. La differenza è stata notata da pochi, ma è sostanziale: il DPCM è un semplice atto di alta amministrazione che nemmeno in sogno dovrebbe impattare su diritti costituzionali e che non deve transitare né per il parlamento né al Quirinale per la firma; il Decreto legge le cui caratteristiche precipue sono l’ eccezionalità della situazione da normativizzare e l’ urgenza va convertito in legge dal Parlamento entro un rigido lasso di tempo (novanta giorni). Diamo quindi atto al premier Conte di rientrare in qualche modo nella normalità democratica e istituzionale, o almeno provarci. Però, gli apprezzamenti si fermano bruscamente qua.

Il premier in conferenza stampa sul nuovo Dpcm è stato incalzato da Jana Gagliardi. La giornalista di Sky Tg24 è intervenuta coraggiosamente e non “inginocchiata: “Perché siete arrivati in piena notte con queste misure?”. 

La risposta: “Lei la fa facile – ha replicato il presidente del Consiglio – fosse stato per lei avrebbe già disposto da tempo i ristori. Non c’è nessun ritardo nelle misure, che toccano un periodo dal 24 dicembre al 6 gennaio. Stasera il decreto va in Gazzetta Ufficiale, interveniamo preventivamente e contemporaneamente, mettiamo sul piatto 645 milioni“.

Eppure, circa  una settimana fa Palazzo Chigi sembrava più possibilista. Sia nei confronti degli spostamenti, che negli ospiti permessi per il cenone natalizio. 

Poi la Gagliardi contesta il numero di due persone (under 14 bontà loro escusi) ospiti all’interno delle case: “Ma non si era detto che è incostituzionale controllare le abitazioni delle persone?”. La replica è a dir poco ambigua: “Siccome siamo in zona rossa noi interveniamo sulla circolazione, sugli spostamenti. Eventualmente se lei andrà in un’abitazione, si potrà verificare dopo“.

Insomma, si escludono irruzioni tra il cotechino con lenticchie e il panettone; ma potranno andare molto di traverso egualmente con non so che tipo di controlli.

In quanto poi alla incostituzionalità in oggetto, essa andrebbe sollevata in merito a gran parte delle restrizioni di cui siamo oggetti dal mese di marzo.

Bagarre, tensione e diverbi in Parlamento: la scarsa stampa di opposizione velenosissima, quella di Sistema fa il suo burocratico dovere verso un esecutivo traballante; la sindrome di Stoccolma di questa primavera, con Conte che si ergeva come salvatore della Patria e dictator tecnico-sanitario dal polso fermo e coerente, pare lontana.

Sentite un po’ Giorgia Meloni su Facebook a freddo, immediatamente dopo l’ennesimo spot televisivo governativo (regista Rocco Casalino doverosamente inquadrato spesso).

Invece di scusarsi come qualsiasi persona seria avrebbe fatto, il Presidente del Consiglio Conte – nel chiudere l’Italia per il periodo natalizio – dice con sfrontatezza che è stato fatto tutto in tempo e con coscienza.

Poi annuncia i ristori, e va ancora peggio. Per ora ci sono solo i soldi per bar e ristoranti (tutti gli altri sapranno qualcosa a gennaio), peraltro totalmente insufficienti. Perché tutti sanno che fare riferimento al decreto rilancio non vuole dire affatto ristorare il 100% della perdita di fatturato di Natale ma appena il 15% di quello di aprile (complimenti per il cinismo col quale tentate di fregare la gente, Presidente).

Poi la solita insopportabile confusione nel presentare le misure. È tutto surreale…..

Insomma, su tutto aleggia la condanna a morte dell’economia italiana, e di suoi rilevanti settori in modo particolarmente diretto.

Per poterti mangiare meglio, piccina!”. Così il lupo disse nella favola di Cappuccetto rosso. E dalle parti di Bruxelles e Strasburgo, ci sono tanti lupi; credetemi.

A. Martino

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