RADIO LISSA – 43PT: “L’UCRAINA NEL 2014 FECE IL PASSO PIÙ LUNGO DELLA GAMBA E OGGI NESSUNO VUOLE LA PACE, BIDEN IN PRIMIS”

Dopo 50 giorni di guerra e con l’arrivo della Pasqua ci è sembrato doveroso dover fare un video che chiarisca ai nostri lettori cosa sta realmente accadendo in Ucraina e perché è scoppiato questo conflitto.

Partendo dal presupposto che indubbiamente il popolo ucraino sta mostrando un coraggio da leoni opponendosi, come di fatto sta facendo, ad un esercito 1000 volte più potente e numeroso, rispetto al proprio, è altresì necessario chiarire che i presupposti – fin qui esposti dalla totalità dei media, riguardo le motivazioni che hanno portato a questa crisi diplomatico/militare – sono completamente sbagliati: la Russia, infatti, non ha aggredito l’Ucraina perché ha mire espansionistiche o, come molti dicono molti analisti, la volontà di ricostituire l’impero dell’Unione Sovietica, quanto l’intenzione di tutelare le proprie sfere d’influenza nell’ottica di una Super Potenza globale.

La Federazione Russa, infatti, è, per chi ancora non lo sapesse, l’evoluzione statuale di una delle 5 Potenze che hanno vinto la II Guerra Mondiale e che, in virtù di questo, siedono, in maniera permanente e ininterrotta, dal 1945 ad oggi, nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU esercitando, tra l’altro, un potere di veto di loro esclusiva competenza.

Ergo, dalla sconfitta della Germania in poi, in maniera ininterrotta, Mosca ha sempre avuto un ruolo determinante nello scenario internazionale e ciò ha fatto si che lo stesso blocco occidentale riconoscesse alla Russia una propria sfera d’influenza esclusiva.

Tale sfera

  • all’apice del potere sovietico, passava per il canale di Suez, lambendo le coste dell’Adriatico, fin su il Mar Baltico;
  • nella fase in cui ha raggiunto il proprio Nadir poteva sempre e comunque, contare sulla CSI (Comunità degli Stati Indipendenti), un’organizzazione internazionale, quest’ultima, che aveva lo scopo di tenere legati tra di loro gli Stati nati dall’implosione dell’Unione Sovietica.

Ora, l’Ucraina, fino al 2014, ha fatto parte della CSI e come la Georgia – che è uscita prima di Kiev dalla Comunità nel lontano 2009 – è stata oggetto di operazioni militari da parte dell’armata rossa al fine di ristabilire la sfera d’influenza del Cremlino su quella parte nel mondo.

Tutt’altro destino invece è spettato sia ai Paesi Balcanici (Bulgaria, Romania, Ungheria), che a quelli  dell’Europa Centrale (Germania Est, Polonia, Cecoslovacchia) in quanto, se è vero che furono assoggettati a Mosca in qualità di “Stati Satelliti”, non furono mai annessi, da quest’ultima, al territorio dell’Unione Sovietica.

Ma il vero caso scolastico è rappresentato senz’altro dalle 3 Repubbliche Baltiche dell’Estonia, Lettonia e Lituania, le quali, avendo avuto, da sempre, delle relazioni travagliate con l’Unione Sovietica, dopo la caduta del Muro di Berlino, non aderirono mai alla CSI e si orientarono, sin dal primo minuto, verso il campo occidentale, sgombrando così ogni equivoco.

Fu lo stesso Putin ad avallare l’entrata delle 3 Repubbliche Baltiche nella NATO, ma l’Ucraina, ricordiamolo, non ebbe mai questo placet perché Kiev, per il Cremlino, rappresenta non solo una importante risorsa economica quanto la madre dell’intera civiltà russa.

Gli ucraini, dunque, devono comprendere che – al di là di ciò che essi pensano di loro stessi e della percezione che essi hanno del mondo che li circonda – le sfere d’influenza esistono ancora oggi nel XXI secolo e tali sfere sono di esclusiva gestione delle grandi potenze.

Ciò è talmente vero che, se il nostro Paese, l’Italia, non si è trovato ancora coinvolto, fino ad oggi, in una Guerra fratricida, lo deve soltanto al fatto che non ha fatto il passo più lungo della propria gamba.

Ora però, per spiegare meglio questo concetto dovremo fare un passo indietro con la nostra storia e tornare al 1945: l’Italia è appena uscita sconfitta dal II conflitto mondiale e la Sicilia è tornata ad essere infeudata dalla Mafia grazie agli angloamericani che, per riuscire, anni prima, nello sbarco in Sicilia, si appoggiarono ai clan siculi, i quali, seppur cacciati dal suolo italiano grazie all’azione del Prefetto Mori, avevano mantenuto sull’isola molti legami con diverse famiglie che contavano. Nel mentre, fino a tutto il 1949, nel Parlamento italiano vi erano molti contrari all’adesione del nostro Paese alla NATO. Ciò avvenne non solo per la contrarietà del più grande partito comunista dell’Europa Occidentale, quanto per l’opposizione di uomini come Benedetto Croce, Vittorio Emanuele Orlando, Ivanoe Bonomi e Saverio Nitti.

In tale frangente, per tenere sotto scacco Roma, in Sicilia, nacque il MIS (Movimento Indipendentista Siciliano) che aveva lo scopo di staccare l’isola dallo Stato Italiano e farla diventare il 51 Stato federato agli Stati Uniti d’America.

Tale movimento aveva il proprio esercito di liberazione capeggiato da mafiosi e briganti come il noto Salvatore Giuliano.

Guarda caso, quanto fu evidente che l’Italia avrebbe aderito alla NATO, Salvatore Giuliano trovò la morte e di li a poco il MIS si sciolse come neve al sole.

In altri termini se l’Italia dell’epoca non vide la Sicilia staccarsi dalla madre Patria, come è invece accaduto all’Ucraina con la Crimea, è solo perché Roma non calpestò gli interessi di Washington.

Allo stesso modo, anni dopo, un uomo intraprendete e capace come Enrico Mattei, grande padre dell’ENI, il quale riuscì, in un periodo in cui il nostro Paese non aveva alcuna autonomia in campo internazionale, attraverso le politiche energetiche dell’ENI, a costruire per l’Italia ampi margini di manovra sia nel Mediterraneo, che in Medio Oriente, così come all’interno del Patto di Varsavia. Ebbene, Mattei, nel 1962 pagò con la propria vita tanta spregiudicatezza.

In quel caso non fu un Paese a pagare per la propria infedeltà politica, ma un solo uomo e così, anche in quel caso, il Paese ne uscì indenne.

Ancora, sul finire degli anni 70 del secolo scorso, Aldo Moro, Presidente della Democrazia Cristiana, voleva aprire ai comunisti italiani e ciò in quel dato periodo storico era inconcepibile, vi era un’enorme paura che il Paese potesse cambiare il campo delle proprie alleanze e così nella primavera del 1978 Moro venne prima rapito dalle Brigate Rosse e poi giustiziato da queste ultime nel maggio dello stesso anno. Ciò avvenne perché, sia i servizi segreti americani, che quelli italiani, permisero che ciò accedesse.

Anche in questo caso, la furia statunitense si abbatté su un singolo uomo e non su tutto il Paese.

Anni dopo, l’ultimo a pagare pegno per la propria sfrontatezza fu Bettino Craxi, il quale – nell’ottobre del 1985, per essersi opposto all’arresto, da parte americana in territorio italiano, di 6 terroristi dell’OLP – nel 1992 venne travolto dall’inchiesta “Mani Pulite”.

Ciò è talmente vero che non possiamo non citare, a questo punto, i tanti Colpi di Stato pianificati dalla NATO e mai messi in atto nel Bel Paese solo perché non si presentò la necessità di attuarli.

Tra di essi i più famosi furono senz’altro: il “Complotto del Quirinale” del Generale De Lorenzo del 1964; il “Golpe Borghese” del 1970; il “Golpe Bianco” di Edgardo Sogno del 1974.

Detto ciò è evidente e pacifico, che se, ad esempio, domani mattina, il nostro Paese, di colpo, uscisse dalla NATO, per cambiare schema di alleanze, ciò causerebbe una reazione violenta e spropositata degli Stati Uniti e questo lo so io e lo sapevano anche i nostri leader ed ecco perché, l’Italia, in tutti questi anni, ha sempre mantenuto un profilo di grande cautela.

Ciò è avvenuto non perché gli italiani, a differenza degli ucraini, sono vigliacchi, ma semplicemente perché sono più smaliziati ed hanno sempre puntato a cambiamenti più lenti che repentini, in quanto, forieri di minori, disagi.

D’altronde, se non fosse così, non si capirebbe perché, ad esempio, con il crollo dell’ex Jugoslavia, il nostro Paese non abbia rioccupato le terre irredente dell’Istria e della Dalmazia. In fondo, all’epoca non esistevano né la Slovenia, né la Croazia. Allo stesso modo, se fossimo impulsivi dovremmo fare il diavolo a quattro per riportare alla Sacra Patria la Corsica, ma così non è stato e non sarà.

Si badi bene, ciò non significa che non dobbiamo lavorare per riportare i confini nazionali ai noti confini geografici, ma semplicemente che ciò avverrà sempre attraverso un lungo lavorio diplomatico.

Ecco, l’Ucraina, ahimè, in questa vicenda sta pagando pegno proprio per questa sua impulsività, impulsività che, sempre per onestà intellettuale, dobbiamo ammettere che non salverà Kiev dalla distruzione e dall’amputazione territoriale. Cosa che, invece, se fosse rimasta all’ombra del Cremlino, gli avrebbe certamente garantito l’integrità territoriale in primis e successivamente, attraverso un abile lavoro diplomatico, gli avrebbe potuto consentire anche degli ampi spazi di manovra.

In buona sostanza, ciò che oggi si sta combattendo in Ucraina non è una guerra per la difesa dell’Europa, delle Libertà e della sovranità di un popolo, ma è solo una guerra per procura tra gli Stati Uniti e la Federazione Russa.

Guerra che, tra l’altro, rischia di infiammare tutto il mondo non tanto per le offese rivolte a Putin, tra l’altro gravissime, e neanche per le armi inviate, quanto per la fine degli “Stati cuscinetto”.

In tal senso la scelta della Finlandia e della Svezia di aderire alla NATO non è una messa in sicurezza di questi due Paesi quanto la volontà di questi due attori di voler gettare un guanto di sfida in faccia al Cremlino e questo per Mosca non è accettabile, così come non sarà accettabile il fatto di essere ancor di più militarmente accerchiati.

Infine, per ciò che concerne il nostro Paese, la politica di piena sudditanza del nostro Esecutivo ai diktat americani è quanto di più umiliante potessimo mai sopportare: i nostri interessi sono diametralmente opposti a quelli dei nostri attuali alleati, ed il gas non è che la punta dell’iceberg di queste contraddizioni, urgerebbe pertanto avere una politica estera simile a quella di Ankara, ma, ahimè, l’Italia, allo stato attuale non ha un Erdogan, speriamo tuttavia, in un futuro non molto lontano, di poterci dotare anche noi di uomini così capaci.      

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